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Sicurezza Alimentare

Tartufo o bismetiltiometano: come riconoscere il vero tartufo pregiato

Ingrediente fra i più pregiati della cucina invernale, il tartufo è il fungo nobile capace di impreziosire qualsiasi piatto, dall’antipasto al dolce. Ma proprio il suo notevole valore economico ha nel tempo generato numerose truffe da parte di produttori poco seri, che tentano di ingannare il consumatore mettendo in commercio alimenti “al sapore di tartufo” pur senza la benché minima traccia di questo prelibato ingrediente all’interno.  

Vediamo quindi come riconoscere e tutelarsi nei nostri acquisti. 

Le regole del tartufo 

La normativa che regolamenta la raccolta, la coltivazione e il commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo è la legge 752 del 16 dicembre 1985. Nel testo, oltre a elencare tutte le specie di tartufo che possono essere raccolte e quindi poi consumate, si fa riferimento alle norme da seguire per quanto riguarda la commercializzazione. In particolare, agli articoli 6-11, si definiscono le linee guida affinché i tartufi giungano sul mercato senza causare rischi per la salute del consumatore; nello specifico: 

  • È vietata ogni forma di commercio delle varie specie di tartufo fresco nei periodi in cui non è consentita la raccolta 
  • I tartufi freschi devono essere distinti per specie e varietà, ben maturi e sani, liberi da corpi estranei e impurità 
  • I tartufi interi devono essere tenuti separati dai tartufi spezzati ed essere venduti
    separatamente 

La normativa non fa particolare riferimento all’utilizzo di aromi, ma elenca le sostanze in cui è possibile conservare i tartufi, fra cui «acqua e sale, o soltanto sale, restando facoltativa l’aggiunta di vino, liquore o acquavite», la cui presenza deve essere sempre denunciata in etichetta. L’art. 11 della legge 752/1985 chiarisce inoltre che «L’impiego di altre sostanze, purché non nocive alla salute, oltre quelle citate, o un diverso sistema di preparazione e conservazione, deve essere indicato sulla etichetta con termini appropriati e comprensibili. È vietato in ogni caso l’uso di sostanze coloranti». 

Dato questo contesto legislativo, si capisce come l’uso di aromi artificiali all’interno di prodotti venduti con la denominazione “al tartufo” riportata in etichetta sia decisamente fraudolenta, andando contro il Regolamento UE 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori tramite etichettatura. 

Ciò che rende tanto pregiato il tartufo è sicuramente il suo caratteristico profumo, capace di inebriare le narici anche da diversi centimetri di distanza. Per fare un esempio, in natura l’aroma del tartufo bianco è composto da oltre 40 componenti; al contrario, gli aromi artificiali ricreati in laboratorio usano principalmente e quasi esclusivamente il bismetiltiometano. Si tratta di un composto organico solforato, assolutamente non nocivo per la salute, che si trova proprio all’interno dei tartufi.  

Questo aroma artificiale di tartufo viene spesso aggiunto a oli e salse: in etichetta l’aggiunta dell’aroma deve essere dichiarata nell’elenco ingredienti e inoltre la denominazione del prodotto non potrà essere, ad esempio “condimento al tartufo”, ma “al sapore di tartufo”, ovvero presentando un prodotto che contiene di fatto solo l’aroma e quindi di qualità inferiore. 

Lo studio del CVUA di Stoccarda 

Negli ultimi anni, sempre più prodotti a base di tartufo sono arrivati sugli scaffali dei negozi. Anche nella gastronomia si trovano diversi piatti in cui viene utilizzato il tartufo. Il “sapore di tartufo”, come si è visto, può essere creato negli alimenti sotto forma di un intarsio o di una guarnizione di tartufo (ad esempio, nelle preparazioni a base di formaggio, nei prodotti a base di carne o anche su pizze e piatti di pasta). Tuttavia, tale sapore può anche essere causato dall’uso di preparati o aromi a base di tartufo, sia naturali che artificiali, come è il caso del bismetiltiometano. 

Per fare chiarezza sull’argomento, il CVUA (Chemischen und Veterinäruntersuchungsämter) di Stoccarda ha eseguito uno studio dal 2019 al 2021 sugli alimenti di origine animale pubblicizzati con l’ingrediente “tartufo”. 

Sebbene le frodi sui tartufi possano verificarsi ovunque, lo studio ha evidenziato come le dichiarazioni errate e spesso fraudolente siano significativamente più comuni su Internet. Ad esempio, il 46,2% dei prodotti a base di tartufo acquistati tramite siti di e-commerce ed esaminati dal CVUA è risultato contenere indicazioni errate sul tartufo. Al contrario, le numerose indagini dimostrano che le frodi sui tartufi sono piuttosto rare nel commercio al dettaglio. 

Il mio consiglio  

Quindi fate attenzione come sempre all’etichetta, che ci rivela i segreti dell’alimento anche e soprattutto nel commercio elettronico, e al prezzo: il tartufo è merce rara e molto costoso, un prezzo troppo basso dovrebbe già farci insospettire.  

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About Author

Sono una chimica con specializzazione post lauream alla De Montford University di Leicester (UK). Dal 2008, sono Chief Executive Officer del Gruppo Maurizi, con il quale mi occupo di sicurezza alimentare, ambientale e sul lavoro.

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