Fra gli alimenti più amati dagli italiani (ne consumiamo in media 23,1 kg a testa ogni anno), la pasta è un ingrediente base della dieta mediterranea tradizionale, divenuto popolare in tutto il mondo per la sua praticità, appetibilità e qualità nutrizionale, ideale per pasti facili e veloci.
La pasta fresca, ripiena o meno, ingrediente principe delle domeniche di una volta e non solo, ha una scadenza molto rapida, per la peculiarità e freschezza degli ingredienti. Per “sugellare” l’esattezza della data di scadenza, si ricorre ad una procedura analitica che determina la shelf life dei prodotti alimentari, cioè la vita di scaffale.
Che cos’è e come si calcola la shelf life
Il termine shelf life viene utilizzato per indicare la vita commerciale del prodotto, ovvero il periodo di tempo che intercorre fra la produzione e il consumo dell’alimento senza che ci siano rischi per la salute del consumatore. È la norma UNI 10534-2005 che ne offre la definizione normativa, indicandola come “quel periodo di tempo che corrisponde, in determinate condizioni di conservazione, ad una tollerabile diminuzione della qualità dell’alimento”.
A questo si aggiunga che, in accordo con l’art. 14 del Reg. CE n. 178/02, non possono essere posti in commercio alimenti a rischio, cioè dannosi per la salute umana o inadatti al consumo umano. Il concetto di shelf life, quindi, è legato al degrado progressivo delle qualità organolettiche, chimiche, fisiche, microbiologiche e strutturali dell’alimento, oltre che ai trattamenti di conservazione e al confezionamento.
Il calcolo della shelf life degli alimenti è compito e responsabilità del produttore, che di norma si affida a un laboratorio di analisi specializzato, in grado di effettuare uno studio approfondito nel quale acquisire le informazioni sul prodotto e le sue componenti, individuare parametri da monitorare, determinare le condizioni sperimentali, le modalità e le tempistiche per le analisi.
La durata della shelf life è indicata sulla confezione con la data di scadenza o con il termine minimo di conservazione (TMC). Le indicazioni in merito presenti sull’alimento nel punto vendita possono essere espresse, come da normativa, con le seguenti diciture: “da consumarsi preferibilmente entro” indicando la data in cui le qualità del prodotto dovrebbero risultare inalterate; “da consumarsi entro” per indicare la vera e propria data di scadenza, la quale dà un’informazione precisa sull’edibilità del prodotto e viene utilizzata per gli alimenti più rapidamente deperibili.
Gli studi di shelf life possono essere utilizzati anche per ottenere informazioni su ulteriori aspetti quali ad esempio:
- Il comportamento (sopravvivenza, proliferazione) di un determinato batterio o gruppo microbico in un alimento
- Gli effetti di una tecnologia o di una modalità di confezionamento;
- Gli effetti di una modifica del processo produttivo o della ricetta;
La shelf life della pasta fresca
La shelf life varia molto a seconda del tipo di alimento: è maggiore per i prodotti da forno (crackers, biscotti) e molto più breve per alimenti deperibili, come per esempio la pasta fresca che, per il suo elevato contenuto di acqua, è vulnerabile all’attacco microbico, una delle cause più frequenti di alterazione del prodotto. Secondo la normativa italiana, infatti, si definisce “pasta fresca” il prodotto ottenuto per estrusione o laminazione di un impasto di semola di grano duro o di farine alternative e acqua, con un contenuto di umidità compreso tra il 24% e il 30%. In questa forma, la pasta fresca ha in media una shelf life di 2-3 giorni, ma quella industriale trattata termicamente (equivalente alla pastorizzazione), conservata a una temperatura adeguata, può durare fino a 30-90 giorni.
L’ampia diffusione della pasta fresca e, in particolare, l’aumentata richiesta dei consumatori di ridurre l’uso di conservanti sintetici hanno suscitato l’interesse dei ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che hanno condotto uno studio per cercare di prolungare la shelf life del prodotto (90-120 giorni).
I ricercatori hanno modificato i protocolli di confezionamento della pasta fresca ed hanno aggiunto probiotici antimicrobici all’impasto. I risultati dello studio sono sorprendenti: questo esperimento ha permesso il prolungamento della shelf life della pasta fresca di ben 30 giorni.
La tecnica sviluppata dal team potrebbe essere introdotta a livello industriale, con effetti positivi in termini di riduzione degli sprechi alimentari.

Sono una chimica con specializzazione post lauream alla De Montford University di Leicester (UK). Dal 2008, sono Chief Executive Officer del Gruppo Maurizi, con il quale mi occupo di sicurezza alimentare, ambientale e sul lavoro.