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Sicurezza Alimentare e Scienza dell'Alimentazione

La biofortificazione che ci fa assumere più vitamina D

Affinché la nostra dieta possa dirsi sana ed equilibrata è necessario assumere quotidianamente importanti vitamine. Fra queste, la vitamina D, indispensabile per diverse funzioni biologiche, risulta spesso carente; sono così stati svolti diversi studi, fra cui quello condotto dall’Istituto di scienze delle produzioni alimentari del CNR, volti a mettere in campo, con il sussidio della biotecnologia, una serie di strumenti atti a recuperare tale carenza. 

Per far luce su questo, ho scelto di parlarne con la dottoressa Nicoletta Cataldi, esperta in Scienza dell’Alimentazione.

I consigli dell’esperta in sicurezza alimentare 

Col passare degli anni, la scienza ha trovato nella tecnologia una sempre più indispensabile alleata per sopperire alle nostre mancanze, ottenendo spesso risultati rivoluzionari.

Di fronte alla sfida della carenza di vitamina D, gli scienziati del CNR hanno scelto di puntare sulla biofortificazione: si tratta di un processo che consente di aggiungere minerali e/o vitamine durante il ciclo vegeto-produttivo. È una tecnica utilizzata già da tempo e che trova ampia applicazione sia in quei territori climaticamente svantaggiati le cui popolazioni vivono in stato di grave povertà, sia nei paesi industrializzati che riescono a ottenere una maggiore competitività dei prodotti contraddistinti da un elevato valore aggiunto.

La biofortificazione può essere ottenuta mediante differenti approcci: 

  • tecniche di ingegneria genetica;
    • sistemi convenzionali di miglioramento genetico delle piante;
    • approcci di tipo agronomico.  

Lo studio del CNR ha utilizzato un’avanzata tecnologia di editing del genoma, per ottenere una nuova linea di pomodori in grado di fornire direttamente la vitamina D attiva. Per editing del genoma si intende la possibilità di modificare o sostituire con grande precisione piccole parti della sequenza del DNA. In poche parole, immaginiamo gli scienziati come dei sarti che, attraverso “forbici molecolari”, effettuano dei tagli nel DNA per inserire, eliminare o sostituire piccole porzioni con altre. Attraverso questo fine lavoro di “taglia e cuci” laboratoriale, trattando il pomodoro con luce UV, gli scienziati sono stati capaci di convertire la pro-vitamina D3 in vitamina D.

Questo del pomodoro è solo uno dei tanti esempi di possibile applicazione della biofortificazione che permette di intervenire direttamente sulla pianta, garantendo frutta e verdura con valori nutrizionali migliori. 

I consigli della specialista in Scienza dell’Alimentazione

La vitamina D fa parte di un gruppo di secosteroidi liposolubili, conosciuta principalmente per il suo ruolo nell’omeostasi e nel metabolismo del calcio e del fosforo. Promuove infatti la crescita fisiologica dello scheletro, il rimodellamento osseo e previene la degenerazione causata dall’avanzamento dell’età.

In realtà può essere considerata un vero e proprio ormone coinvolto nella regolazione del sistema immunitario, nel controllo dello sviluppo dei tumori, nella prevenzione cardiovascolare ed è anche coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso. È fondamentale quindi assumerne una quantità adeguata e purtroppo nel mondo circa il 50% della popolazione ne risulta carente.
Le fonti alimentari rappresentano solo il 10-20% del fabbisogno giornaliero di vitamina D. Gli alimenti più ricchi di vitamina D sono: 

  • Salmone 
  • Sgombro 
  • Aringhe e sardine 
  • Tonno 
  • Pesce spada 
  • Tuorlo d’uovo 
  • Olio di fegato di merluzzo 
  • Latte di mucca intero 
  • Formaggi 
  • Funghi 

Oltre a questi, va da sé che esistono sul mercato numerosi prodotti arricchiti di vitamina D a livello industriale, come molti cereali o merende per la prima colazione.
La restante vitamina D naturalmente presente nel nostro organismo si forma sulla pelle a partire da un grasso simile al colesterolo che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB. Una volta prodotta nella cute o assorbita a livello intestinale, la vitamina D passa nel sangue. Qui una proteina specifica la trasporta fino al fegato e al rene, dove viene attivata. 

Poiché gli alimenti contenenti vitamina D sono quasi totalmente di origine animale, la tecnica della biofortificazione dei vegetali è sicuramente interessante, al fine di aumentare la quantità introdotta giornalmente di vitamina D da fonti vegetali, rispettando un’alimentazione completa dal punto di vista nutrizionale e soprattutto “non povera di grassi”, perché ricordiamo che è una vitamina liposolubile e ha bisogno di lipidi per essere assorbita. 

 

La dottoressa Nicoletta Cataldi è una specialista in Scienza dell’Alimentazione. Specializzazione con Lode in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università di Roma Tor Vergata, dove ha anche conseguito un dottorato di ricerca in Nutrizione Clinica e Preventiva. Dal 2002 è iscritta all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) della Provincia di Roma. 

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About Author

Sono una chimica con specializzazione post lauream alla De Montford University di Leicester (UK). Dal 2008, sono Chief Executive Officer del Gruppo Maurizi, con il quale mi occupo di sicurezza alimentare, ambientale e sul lavoro.

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