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Sicurezza Alimentare

Gli Nft diventano “commestibili”: la scommessa delle aziende agroalimentari

Dall’intelligenza artificiale al metaverso, tutto sembra puntare a una rivoluzione tech in grado di cambiare drasticamente le nostre vite. Ciascun settore, dalla moda allo sport, dallo spettacolo alla musica, fa la sua scommessa nel tentativo di stare al passo con una tecnologia capace di sconvolgere gli equilibri di mercato.  

Anche le aziende agroalimentari guardano con curiosità a questo mondo, con l’obiettivo di coglierne tutte le opportunità. E, anche se sembra impossibile, in una realtà totalmente virtuale, è già possibile trovare persino alimenti e bevande. Vediamo in che modo. 

Che cos’è un NFT? 

Il boom avuto durante il 2021 ha fatto sì che il celebre dizionario britannico Collins scegliesse il termine “NFT” come parola dell’anno.  

Spesso associato alle criptovalute, un NFT (acronimo che sta per non-fungible token) è un “certificato” digitale acquistato e venduto online che rappresenta un oggetto del mondo reale, come un post sui social, un tweet, o un video. Non-fungible vuol dire che non si può scambiare (come invece si può fare per i bitcoin) ma è unico nel suo genere. Infatti, ciò che rende gli NFT tanto speciali è la loro esclusività, possono essere appunto unici nel loro genere o appartenenti a una tiratura molto limitata e identificati tramite codici univoci.  

Questa caratteristica ha fatto sì che intorno agli NFT si creasse un giro d’affari considerevole, motivo per cui molti settori hanno effettuato investimenti in questo senso, e l’agroalimentare non è da meno. 

A tavola con gli NFT 

Dopo il grande successo avuto dai colossi del food internazionale, anche le piccole aziende italiane si sono messe in moto per promuovere all’interno del metaverso i prodotti del Made in Italy apprezzati in tutto il mondo.  

Sono nati così per esempio gli Eatable Token e anche un vero e proprio museo alimentare digitale dedicato alle Dop italiane. Non solo: un’azienda agricola italiana specializzata in avocado biologico e sostenibile ha inventato degli NFT in grado di generare crediti di sostenibilità: vale a dire che le aziende che vogliano investire in corporate social responsability, acquistando questi token, ottengono dei crediti di sostenibilità spendibili nel metaverso grazie ai benefici ambientali derivanti dalla produzione. 

L’agroalimentare italiano sta sfruttando gli NFT e il metaverso anche per far conoscere le nostre eccellenze e rendere i consumatori più partecipi, come è il caso del Tartufo Bianco di Alba, al centro di un progetto volto a diffondere la conoscenza della filiera.  

Dal metaverso al prodotto 

Non dobbiamo pensare agli NFT come qualcosa di inconsistente, non reale. Il grande valore di questa tecnologia è la capacità di mettere al centro i prodotti e le aziende di alimenti e bevande dando loro maggiore visibilità, non in maniera speculativa, ma per portare valore ai propri clienti, rendendoli partecipi di qualcosa di unico.  

Gli NFT diventano dei veri e propri certificati di qualità, in grado di fornire una conoscenza capillare della filiera e del prodotto. L’intento è quello di ripensare il mondo fisico in concomitanza con quello digitale: ad esempio, potrebbe essere il caso di aziende vinicole che emettano degli NFT per dei vini da collezione; a quel punto il token fungerà sia da certificato di proprietà che di conservazione. 

Il mio consiglio 

Per quanto attraente e interessante risulti la tecnologia del metaverso con tutte le sue potenzialità, ricordiamoci che – trattandosi ancora di qualcosa in stato embrionale – in quanto tale presenta delle falle che col tempo andranno colmate. Sarà il caso, infatti, di normare questo ambito: al momento, metaverso e realtà virtuale viaggiano su dei binari che, dal punto di vista legislativo, non sono mai stati percorsi.  

Nel guardare con curiosità agli NFT e a tutte le loro possibili applicazioni, cerchiamo di essere cauti nei nostri acquisti e investimenti virtuali, attendendo l’intervento del legislatore e consultando chi ha competenza in materia onde evitare spiacevoli conseguenze. 

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About Author

Sono una chimica con specializzazione post lauream alla De Montford University di Leicester (UK). Dal 2008, sono Chief Executive Officer del Gruppo Maurizi, con il quale mi occupo di sicurezza alimentare, ambientale e sul lavoro.

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