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Sicurezza Alimentare

Come leggere le etichette del cioccolato

Al latte, fondente, anche senza zuccheri aggiunti, ci sono moltissimi tipi di cioccolato e ad ogni nome corrispondono ingredienti diversi. Con poche e semplici regole puoi riconoscere il tuo cioccolato dalle etichette. 

Come è nato il cioccolato 

Se oggi possiamo mangiare cioccolata lo dobbiamo a Cortèz, che nelle sue spedizioni conobbe il cioccolato consumato dalle tribù locali: una bevanda amara a cui erano attribuite proprietà mistiche ed energizzanti. Al termine dei suoi viaggi, Cortèz portò il cioccolato in tutte le corti d’Europa. Seguirono diversi tentativi per modificarne sapore e consistenza, e quando il cioccolato ha assunto il sapore irresistibile che conosciamo oggi è stato amore a prima vista. Per tutti.  

Cosa c’è nel cioccolato 

La legge stabilisce che può chiamarsi “cioccolato” quello ottenuto da prodotti di cacao e zuccheri e che ha un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao di almeno il 35%, di cui non meno del 18 % di burro di cacao e non meno del 14 % di cacao secco sgrassato. Questo cioccolato è in realtà quello che noi chiamiamo fondente. L’espressione “fondente” in etichetta non è normata dalla legge perché si dà per scontato che il cioccolato sia quello fondente.  

La stessa legge stabilisce i requisiti per i vari tipi di cioccolato: 

  • cioccolato alle nocciole gianduia: è ottenuto, da un lato, da cioccolato il cui tenore minimo di sostanza secca totale di cacao è pari al 32% e quello di cacao secco sgrassato all’8% e, dall’altro, da nocciole finemente macinate, in proporzione tale che 100 grammi di prodotto contengano non più di 40 e non meno di 20 grammi di nocciole. Può essere aggiunto il latte, possono essere aggiunte anche mandorle, nocciole e altre varietà di noci a condizione che il loro peso, aggiunto a quello delle nocciole macinate, non superi il 60% del peso totale del prodotto  
  • cioccolato al latte: è ottenuta da prodotti di cacao, zuccheri e latte o prodotti derivati dal latte e che ha un tenore minimo: 
  • di sostanza secca totale di cacao del 25%; 
  • di sostanza secca del latte ottenuta dalla disidratazione parziale o totale di latte intero, di latte parzialmente o totalmente scremato, di panna, di panna parzialmente o totalmente disidratata, di burro o di grassi del latte del 14%; 
  • di cacao secco sgrassato del 2,5%; 
  • di grassi del latte del 3,5%; 
  • di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 25%. 
  • cioccolato bianco: è ottenuto da burro di cacao, latte o derivati e zuccheri e contiene: 
  • almeno il 20% di burro di cacao 
  • almeno il 14% di sostanza secca del latte  

Le etichette 

Le espressioni “fine”, “extra” e “finissimo” che troviamo sulle confezioni possono essere utilizzate solo in casi stabiliti dalla legge e con regole molto precise:  

  • Per il cioccolato: se contiene non meno del 43% di sostanza secca totale di cacao, di cui non meno del 26% di burro di cacao 
  • Per il cioccolato al latte: se contiene non meno del 30% di sostanza secca totale di cacao e del 18% di sostanza del latte  

Puoi trovare anche il cioccolato senza zucchero, che ha in etichetta l’espressione “senza zuccheri aggiunti”. Questo claim è consentito solo quando un alimento non contiene zuccheri diversi da quelli naturalmente presenti nell’alimento ed indica che i produttori non hanno aggiunto mono o disaccaridi o altri dolcificanti.  

L’espressione “puro” invece, si può utilizzare solo per cioccolato, cioccolato al latte e cioccolato bianco che non contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao. 

 

Fonte: Decreto legislativo n. 178/2003  

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